Chi era Minghetti

Marco Minghetti – Statista (Bologna, 1818 – Roma, 1886)
Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia dal 24 marzo 1863 al 28 settembre 1864

Marco Minghetti
Nato da famiglia di sentimenti liberali, viaggiò molto fin da giovanetto e studiò fisica, chimica, mineralogia, botanica, storia e filosofia. Partecipò a diversi congressi e conobbe profughi e personalità politiche del tempo.

Nel 1846 fu fra i firmatari del memoriale inviato ai cardinali, adunati in conclave, alla scopo di conseguire riforme politiche e amministrative. Eletto poi papa Pio IX, credette possibile un’alleanza tra il Papa e i liberali. Fu membro della Consulta di Stato e compilatore dell’indirizzo di risposta alle parole pronunciate dal pontefice inaugurando la Consulta stessa il 15 novembre 1847, indirizzo che fece ben presto rivelare il contrasto in seno a quell’organo deliberante fra l’elemento ecclesiastico e il laico del quale il Minghetti era riconosciuto il più forbito oratore.

Eletto il ministro laico, Minghettiebbe il portafoglio dei Lavori Pubblici ma poco dopo, dimessosi il governo, abbandonò Roma e si recò a Sommacampagna presso Carlo Alberto, dal quale fu nominato Capitano addetto allo Stato maggiore. Dopo la sfortunata campagna, che si concluse con la disfatta dell’esercito piemontese, egli tornò a Bologna. Eletto al Consiglio dei deputati, fu a Roma in occasione dell’inaugurazione del Parlamento, durante la quale fu assassinato Pellegrino Rossi. Siccome non vide puniti gli autori del delitto, ritornò a Bologna e si dimise da deputato.

Riprese gli studi, viaggiò molto e divenne amico di Cavour, dal quale ebbe l’incarico di compilare un memoriale sulle condizioni delle province italiane, soggette allo Stato Pontificio.
Nel 1859, in seguito alle insurrezioni popolari, divenne presidente dell’Assemblea delle Romagne. Nominato segretario generale presso il ministero degli Esteri, ebbe la direzione degli affari d’Italia. Successivamente eletto deputato nel Parlamento subalpino, fu ministro degli Interni con Cavour e Ricasoli, poi delle Finanze con Farini, al quale nel 1863 succedette come primo ministro.
Nel 1864 concluse con la Francia la Convenzione di settembre che, a causa di molti malcontenti suscitati, provocò la sua caduta. Nuovamente presidente del Consiglio dal 1873 al 1876, si trovò in disaccordo sempre più profondo con la Destra, alla quale pure apparteneva, soprattutto a causa della rigorosa politica di bilancio da lui perseguita, che nel 1876 portò al tanto auspicato pareggio del bilancio. Con la fine del suo ministero il potere passò alla Sinistra contro la quale egli assunse una posizione di netta opposizione, pronunciando importanti e memorabili discorsi.

Scrisse molti libri di storiaarte e letteratura, tra quali sono: Intorno alla tendenza agli interessi materiali che è nel secolo presente; Della restaurazione pontificia; Dell’economia pubblica e delle sue attinenze con la morale e col diritto; La Convenzione di settembre; Discorsi parlamentari; I morti e i vivi; Fisiologia del palazzo Carignano; Chiesa e Finanza; I partiti politici e la loro ingerenza nella giustizia e nell’amministrazione; I miei ricordi.